Sterminate infiorescenze di anemoni etruschi, nel più bel giorno di primavera, fanno gli onori nella “Selva”.
Sui sentieri, festose sulle balze, mille corolle, sottraggono le attenzioni agli azzurri sfondi, alle maestose ed imponenti murce foderate di vellutino giallastro, alle crepe vulcaniche e perfino ai rami pendenti degli scheletrici alberi della foresta, tutt’ora quiescenti, che tentano sempre di “brancarti” qualcosa, mentre orchidee selvatiche e ciclamini qua e là fanno capolino tra gli anfratti. Ma sarebbe riduttivo trascurare l’allegra e festosa presenza di cinque bambini che competano il gioioso teatro!
Gli anemoni dalle più svariate tinte, fiori spontanei del sottobosco, carpiscono con le corolle la luce diretta del sole, che amano, mentre un lieve tremolio ad ogni soffio di vento le agita. Il loro nome “anemos”, ci ricorda Teofrasto, che così chiamò quei fiori, significando il termine, in “greco”, vento.
Per gli etruschi, l’anemone, era il fiore dei morti, forse per questo molto diffuso e spontaneo un po’ ovunque in Etruria. Non c’è che dire oggi la “Selva” si è vestita di nuovo per noi e stupisce, che un siffatto paradiso terrestre non sia molto frequentato, come meriterebbe. Pur mettendo a partito le difficoltà nel camminare tra le pietre, la preoccupazione di perdere l’orientamento tra le mille murce, che oggi però, con l’ottima manutenzione dei sentieri che l’Ente Parco di Farnese ha effettuato, è quasi impossibile.
Mentre percorriamo un tortuoso sentiero, dagli aspetti più vari, per raggiungere la “Rosa” vulcanica, a momenti, tendendo l’orecchio, percepiamo il sordo tonfo della corsa degli animali della Selva, che scappano velocemente da noi. Numerosi escrementi deposti qua e là, fanno intuire, ai “coprologi” inprovvisati, quali animali vivono entro il Lamone.
Cono rovescio di circa cinquanta metri di diametro, profondo 30 metri, tra 50 e 200 mila anni fa, in piena attività vulcanica, come la Pila del Murcione, del Sambuco, di Semonte e Monte Rosso, di Monte Spinaio, del Colle della Dogana, del Monte Becco e tanti altri. Furono soggetti di questo genere che dettero il particolare aspetto attuale della “Selva oscura”.
Colate laviche, lancio di ceneri e lapilli ed espulsione di rocce, come vere e proprie esplosioni, hanno accumulato mucchi di rocce laviche, che, in alcuni punti sono profondi anche quaranta metri.
Singolare appare questo piccolo vulcano legato ad una immensa caldera la cui radice raggiungeva la parte fusa delle viscere della terra posta tra i 30 e 120 Km . L’edificio originario della Rosa Crepante, dopo aver completato la sua attività eruttiva ed esplosiva deve essere collassato su se stesso, colmando la sottostante camera vulcanica di rocce fratturate, lasciando a “vista”, il classico imbuto.
DUE REGASSI IN UN INSOGLIO DI CINGHIALI
Raggiungiamo il vulcano spento di Semonte ove un gruppo di giovani cavalli scorrazza in lungo e largo tra gli estesi prati
Qui una giusta sosta pranzo, prima di riprendere il cammino verso Rofalco, Roccoia , la Tomba del Gottimo e tornare alle auto parcheggiate in quel di Roppozzo.
L’interno della Tomba principesca di Gottimo, che riprende alla perfezione l’immagine di un’abitazione etrusca. I banchi di deposizione hanno perduto le iniziali modanature per l’improprio utilizzo (mangiatoie) dei contadini che usavano le tombe per ricoverare gli animali.
Vani 30 MARZO 2014
LE FOTO DEL 30 MARZO 2014